domenica 10 novembre 2013

LE NOVITA’ IN MATERIA DI APPRENDISTATO



LE NOVITA’ IN MATERIA DI APPRENDISTATO

Nel quadro della riforma del mercato del lavoro l’apprendistato ha assunto un ruolo strategico per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, tanto che si vuole valorizzare come «la porta d’ingresso  dei giovani nel mondo del lavoro».
L’apprendistato è un contratto di lavoro a contenuto formativo finalizzato a favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro attraverso l’acquisizione di un mestiere e/o di una professionalità specifica.

Vantaggi economici dell’assunzione e gli sgravi contributivi
Il contratto di apprendistato consente all’azienda di assumere ad un costo del lavoro vantaggioso, in quanto sia la remunerazione che gli oneri previdenziali e assistenziali sono ridotti.
Per quanto riguarda la retribuzione sono previsti 2  possibilità di inquadrare l’apprendista, quello del sotto inquadramento ( fino a 2 livelli inferiori) e quello della percentualizzazione secondo le indicazioni del contratto collettivo  applicato.
In riferimento ai contributi previdenziali è stato previsto  un regime contributivo agevolato, secondo le specifiche che seguono:
-  aziende fino a 9 dipendenti: per le assunzioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2016 si riconosce alle imprese uno sgravio contributivo del 100% per i primi tre anni di contratto; dal quarto anno è prevista una contribuzione pari al 10% della remunerazione imponibile ai fini previdenziali;
- aziende oltre 9 dipendenti: contribuzione per tutta la durata dell’apprendistato pari al 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Il contratto di apprendistato è distinto in tre tipologie
  Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale 
 Apprendistato professionalizzante o contratti di mestiere 
 Apprendistato di alta formazione e di ricerca
Nella pratica la tipologia maggiormente in uso è l’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere previsto per i giovani di età compresa fra i 18 (o 17) e i 29 anni.
Per l’assunzione di apprendisti in mobilità, infine, le imprese possono beneficiare di un regime contributivo agevolato, pari al 10% del salario per 18 mesi di contratto e in aggiunta ricevono un incentivo pari al 50% dell’indennità di mobilità, se percepita dal lavoratore, per un periodo di 12 mesi (24 se il lavoratore ha più di 50 anni).
Formazione
Il periodo di formazione previsto per l’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere ha una durata massima di tre anni; per le professioni artigiane individuate dalla contrattazione collettiva la durata della formazione può arrivare fino a 5 anni. Le durate  indicate vanno sempre intese come limite massimo. E’ previsto anche un limite minimo di durata pari a sei mesi, tranne per le attività che si svolgono in cicli stagionali individuate dalla contrattazione collettiva.
In riferimento alla formazione  l’azienda e l’apprendista devono seguire un percorso formativo che prevede:
- la nomina di un tutor o referente aziendale che rappresenta il riferimento dell’apprendista durante il periodo di durata del contratto.
-il Piano Formativo Individuale (PFI): si tratta del documento di descrizione del percorso formativo complessivo, che raccoglie tutte le informazioni sopra indicate;
-la registrazione della formazione effettuata (libretto del cittadino);
- il riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione della qualifica professionale ai fini contrattuali.
La formazione per l’apprendistato professionalizzante si articola in:
  • Formazione trasversale e di base:  (disciplinata dalle Regione) che può arrivare fino ad un massimo di 120 ore nel triennio e che, nei limiti delle risorse disponibili può essere finanziata dalle Regioni. In assenza di offerta formativa pubblica, trovano applicazione le regolazioni contrattuali vigenti per cui la formazione trasversale può essere erogata dall’Azienda secondo i contenuti standard individuati dagli stessi.
  • Formazione di tipo professionalizzante o di mestiere (formazione erogata per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche): disciplinata dai singoli CCNL e a carico delle imprese.
In caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro, questi è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento, con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione.

LE NOVITA’ IN MATERIA DI APPRENDISTATO

 di Antonio Barbieri
Dottore Commercialista e Revisore Contabile



venerdì 21 giugno 2013

ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA PROFESSIONISTI

Errare humanum est avendo la RC  Professionale!

Nella loro attività professionale i liberi professionisti  possono commettere errori e provocare danni ai clienti. Il cliente come sancito da diverse sentenze  dovrà solo provare l’esistenza del contratto professionale  e dimostrare l’inadempimento. Il Professionista invece avrà  tutto l’onere  di dimostrare  che la pretese non hanno fondamento  oppure   l’impossibilità  di raggiungimento del risultato preteso.
Al fine di evitare l’instaurarsi di contrapposizioni con i clienti, il professionista dovrà valutare correttamente l’incarico ricevuto e dovrà informare il cliente in modo chiaro e dettagliato e assicurarsi che lo stesso abbia una chiara e consapevole visione della situazione.
 Il legislatore  è intervenuto nella materia è ha previsto per i professionisti iscritti in Ordini professionali l’introduzione dell’obbligo, di  stipulare una  polizza assicurativa di responsabilità civile a tutela della propria clientela a fronte di  eventuali errori e/o omissioni con esclusione dei danni eventualmente provocati da interventi dolosi.
Premesso che attualmente la stipula di una polizza di RC Professionale è facoltativa,  dal 13 agosto 2013 per  tutti i professionisti  decorre l’obbligo di avere una polizza professionale come  previsto dalla Riforma delle professioni - Art. 5 D.P.R. 137/2012 – Obbligo di Assicurazione:

Il professionista è tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti, idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall’esercizio dell’attività professionale, comprese le attività di custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente stesso. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva..

L’obbligo di sottoscrizione della polizza  scatta dal momento in cui  libero professionista  assume un incarico professionale e non solo dall’essere un libero professionista. La polizza professionale tutela sia il patrimonio personale del professionista  che il cliente  risarcito del danno subito.

Le responsabilità professionali possono essere di tipo civile, amministrativo, penale e disciplinare. Nello specifico la legge lascia alla scelta del professionista,la libertà di definire  in sede contrattuale,  la definizione di tutte le caratteristiche della polizza (massimale, copertura dei rischi, scoperti, franchigie, etc..).
In base al settore di attività le polizze  possono essere  personalizzate a copertura di esigenze del Professionista. In generale  il professionista deve essere in grado di scegliere una  soluzione in base all’attività svolta, facendo attenzione che la polizza copra tutti i possibili danni che l’esercizio della propria attività possa causare.

Il professionista prima di stipulare la  polizza professionale  deve valutare cosa la  polizza comprende e soprattutto   cosa esclude.  Sotto questo aspetto sul mercato si distinguono:  

·         Polizza a  rischi nominati: sono polizze in cui sono  elencate tutte le attività coperte e quelle escluse dall’assicurazione ed è generalmente indicata anche la tipologia di danno coperta.

·        Polizza  All Risks :sono polizze in cui è assicurato tutto ciò che non è espressamente escluso dalle competenze riconosciute dalla legge o dai regolamenti che disciplinano l’esercizio dell’attività professionale.

La polizza deve coprire  responsabilità  per  inadempienza, negligenza, imprudenza o di mancata osservanza di norme che dovrebbero essere conosciute (imperizia). Non  possono però essere mai risarcite le conseguenze di un atto o di una omissione dolosa ( coscienza e volontà di commettere l’illecito).
Le compagnie di assicurazione  per alcune polizze prevedono una franchigia, cioè per i danni sotto una certa soglia ed entro un certo limite  ne risponde solo il professionista. Alcune Polizze invece prevedono anche la possibilità di risarcire danni con effetto retroattivo alla data di decorrenza della polizza. La retroattività può essere illimitata o limitata ad un certo numero di anni.

Da un punto di vista patrimoniale  l’obbligo di una R.C-Professionale  è certamente una forma di tutela   sia  per il professionista sia per il cliente danneggiato. Da un punto di vista pratico è solo un nuovo balzello a carico dei contribuenti reso obbligatorio.


sabato 15 giugno 2013

Attività in franchising nuove opportunità

Aprire una attività in franchising può essere  una risposta anche in momenti di crisi. Vediamo che cos’è il franchising.
L’affiliazione commerciale, più comunemente detta franchising, è una forma di collaborazione tra imprenditori che permette di legarsi ad un’azienda o un marchio produttore o distributore in modo continuativo sfruttando un’esperienza consolidata che supporta il neoimprenditore in tutte le fasi di sviluppo dell’attività permettendogli allo stesso tempo di rimanere indipendente.
In sostanza Il franchising è una  forma collaborazione tra imprenditori –(“ B2B” Business to Business) che permette affiliato di entrare nel mercato  attraverso una rete commerciale già avviata .

Da un punto di vista giuridico franchising è un contratto con il quale l’imprenditore (casa madre)  concede ad un altro imprenditore  il diritto di esercitare un’attività, di prestazione di servizi, produzione di beni o rivendita di prodotti.
I rapporti economici che legano l’“azienda madre” all’affiliato possono essere diversi; a seconda delle realtà e dal contratto. In genere l’affiliato deve pagare all’affiliante  le ”Royalty”  ossia  una percentuale sui ricavi, che si versa periodicamente. Inoltre  può essere richiesto il pagamento di un corrispettivo iniziale  e in alcuni casi l’affiliato deve anche versare un contributi per la  pubblicità.

Chi vuole aprire un punto vendita in franchising  non ha che l’imbarazzo della scelta e può scegliere tra un ampio raggio di attività. Le reti di affiliazione commerciale sono ormai diffuse un po’ in tutti i settori.  Accanto al  settore   alimentare si stanno affermando alcune attività emergenti “no food” come le agenzie di viaggi, ai servizi di mediazione creditizia e  l’abbigliamento. Inoltre  a questi   settori  ci affiancano  alcuni business emergenti che si stanno lentamente ritagliando un spazio nei servizi come  gli asili nido e le ludoteche, centri benessere e le palestre, oppure nel settore “food” si aggiungono le gelaterie e yogurterie.

Il franchising  spesso interessa risparmiatori intenzionati ad investire in un’attività imprenditoriale nuova ( ad esempio la sigaretta elettronica), oppure imprenditori che intendono iniziare una nuova attività,  o ancora lavoratori dipendenti, intenzionati a sviluppare un’occupazione autonoma, etc.
L’avvio di  nuove attività economiche richiedono tempo ed investimenti di capitali, nel franchising l’affiliante non solo  promuove il marchio e il  prodotto ma  può prevedere  un supporto all’affiliante con  corsi specifici ed affiancamenti iniziali.
Con il franchising, l’affiliato  entra in un  settore economico   usufruendo di un marchio distintivo, di un insegna  e di prodotti  già conosciuti  e accettati dal pubblico.
La collaborazione che nasce tra affiliato e affiliante tende ad avere interessi economici comuni, per cui l’attività è orientata reciprocamente al margine di profitto.
Aprire una attività in  franchising può essere conveniente ma bisogna fare molta  attenzione al contratto di affiliazione che potrebbe contenere clausole vessatorie. In generale  il potenziale affiliato è  privo di esperienza specifica di settore  oltre che esperienza commerciale in genere.
L’Affiliato si impegna a fare proprie sia la politica commerciale e sia immagine dell’Affiliante in Franchising, nell’interesse reciproco sia delle parti che del consumatore finale, il tutto nel pieno rispetto delle condizioni contrattuali pattuite.
Essendo un  contratto a prestazione reciproche (do ut des)  al vantaggio ottenuto per l’affiliazione  corrisponde anche lo svantaggio di dover  seguire le regole dettate dalla casa madre le quali possono limitare l’indipendenza e l’iniziativa  del neo imprenditore, ad esempio in relazione ai mezzi, alla durata ed al contenuto della pubblicità, ai prezzi di vendita dei beni, alla quantità, colori e modelli della merce da esporre e vendere nel punto vendita, all’arredamento dei locali ecc.
Spesso clausole di esclusiva in favore dell’affiliante   obbligano l’affiliato  ad acquistare prodotti, arredamenti, dotazione di apparecchiature d’ufficio, gadgets promozionali, etc. esclusivamente dal franchisor o da società a questi collegate, privando in tal modo il franchisee di scegliere prodotti più convenienti o idonei in relazione alla sua attività.

Altri svantaggi possono  prevedere l’obbligo del franchisee di raggiungere un fatturato minimo annuo sul quale sono calcolate le royalties o di acquistare un quantitativo minimo di prodotti dal franchisor.
Prima di tuffarsi nel nuovo business è consigliabile fare una piccola indagine di mercato, avendo esperienze da altri affiliati  che hanno già avviato l’attività con quel franchisor per valutare la loro esperienza, organizzazione , serietà  e soprattutto il giro d’affari  ecc.

Il consiglio è quello di farsi assistere da un professionista esperto della materia  che possa fare  un approfondita valutazione del contratto di affiliazione.



sabato 8 giugno 2013

GIOVANI E PENSIONI


Con un mercato del lavoro in forte crisi come quell’attuale, in cui vige la norma della precarietà (o pardon della flessibilità)  è normalissimo che un lavoratore nel corso degli anni possa  aver cambiato non  solo  lavoro  ma anche ente pensionistico e che abbia contributi versati in diverse gestioni previdenziali.  
Disoccupati, stagisti, interinali e co.co.pro sono un fenomeno sociale preoccupante e rilevante, le  cui conseguenze si fanno sentire  nell’immediato  ma anche nel futuro. Nella situazione attuale è possibile quindi  che il lavoratore non abbia  maturato il diritto alla pensione piena in nessun ente di previdenza.
Siamo abituati a pensare a temi come quello della pensione  soltanto quando ci avviciniamo all’età pensionabile: il  tema è  percepito come complesso e dagli orizzonti davvero molto lontani, specialmente dagli  under 35.  La pensione si costruisce in età lavorativa per il momento in cui usciremo dalla forza lavoro per entrare in quello dei pensionati.
Per trovare rimedio ad un circolo vizioso  creato da un mercato del lavoro incerto e un mondo della previdenza attualmente insostenibile, il legislatore ha introdotto e modificato nel tempo  alcuni  istituti previdenziali.  Vediamo di conoscere meglio  questi strumenti e capire a chi interessano.
La totalizzazione dei periodi assicurativi
La totalizzazione è un istituto in base al quale il soggetto iscritto a due o più forme di assicurazione obbligatoria  ha la facoltà di utilizzare, sommandoli, i periodi assicurativi maturati, al fine di perfezionare i requisiti richiesti per il conseguimento della pensione di vecchiaia, di anzianità, di inabilità ed indiretta.
La totalizzazione può essere utilizzata da tutti i lavoratori: dipendenti, autonomi e liberi professionisti, ed è completamente gratuita, a differenza della ricongiunzione, che spesso è onerosa.
Con la totalizzazione  i  contributi versati restano accreditati presso le originarie casse e/o gestioni e pertanto l’ammontare finale del trattamento pensionistico è dato dalla sommatoria delle singole quote di pensione, calcolate secondo le differenti regole della cassa e/o gestione.
Ogni gestione calcola la pensione sulla contribuzione complessiva e liquida la quota di pensione di sua pertinenza, in proporzione all’anzianità assicurativa e sulla base dei requisiti e dei criteri stabiliti nel proprio ordinamento.
I trattamenti liquidati costituiscono nel complesso una sola pensione, che è soggetta a rivalutazione e può essere integrata al trattamento minimo, con onere a carico della gestione che eroga la quota di maggiore importo.
La domanda per conseguire la totalizzazione va presentata dal lavoratore all’ente gestore della forma assicurativa a cui ha versato gli ultimi contributi.
La ricongiunzione dei periodi assicurativi
Un altro istituto previdenziale è la ricongiunzione dei periodi assicurativi. L’istituto della ricongiunzione permette ai lavoratori dipendenti (pubblici e privati) e autonomi, che sono in possesso di più contributi presso differenti gestioni previdenziali, di unificarli per ottenere la pensione da un unico ente.
La   ricongiunzione è la possibilità, per un lavoratore che ha versato contributi in casse previdenziali differenti, di unificare le sue posizioni assicurative, in modo da avere un’unica pensione erogata da un solo ente previdenziale.
La ricongiunzione permette il trasferimento materiale dei contributi da una cassa e/o gestione ad altra, quindi tutti i contributi vengono utilizzati secondo le regole della cassa presso la quale sono stati ricongiunti;
Dal primo luglio 2010, la legge n. 122/2010 ha reso onerose tutte le ricongiunzioni, anche quelle che in precedenza erano gratuite.  Il costo è tanto maggiore quanto più l’assicurato è vicino alla pensione. Il pagamento viene effettuato con un unico versamento o a rate, se richiesto.
Sicuramente non è facile pensare adesso in questo momento di crisi  a investire sul nostro futuro pensionistico, ma un dato è inesorabile i giovani di oggi  saranno  gli anziani di domani con più difficoltà economiche di quelli di oggi.
Il consiglio è quello di avvicinarsi al tema previdenziale  in età giovanile quando ancora è possibile creare un piano pensionistico di previdenza.

giovedì 16 maggio 2013


Per “bed & breakfast” si intende l’attività a carattere saltuario svolta da privati  che utilizzano parte della loro abitazione di residenza per offrire un servizio a conduzione familiare di alloggio e prima colazione.
Si tratta di una forma di accoglienza caratterizzata per i "bassi prezzi", ed è quindi tradizionalmente rivolta a un pubblico giovane, ma non solo.
Il settore del bed and breakfast non trova  un’organica disciplina a livello nazionale, demandata alla potestà normativa delle singole Regioni.
Secondo la normativa in vigore l’attività di B&B  ha carattere saltuario  con periodi di apertura annuali o stagionali e con un numero di camere e letti limitati.
L’avvio di un  attività, di  bed & breakfast deve essere esercitato da privati in forma non professionale e questo e’ uno dei motivi per cui tante persone che vogliono diventare imprenditori si stanno cimentando in questa particolare attività.
Nella maggior parte delle Regioni l’attività non viene considerata d’impresa, quindi non è necessario possedere partita Iva né iscriversi al Registro delle imprese presso la Camera di commercio.
La prima cosa da fare per aprire un B&B è quella di consultare la specifica legge regionale prevista in materia e i regolamenti comunali specifici. Un ulteriore verifica da fare è il regolamento condominiale.
Il secondo passo è quello di presentare Segnalazione Certificata di Inizio Attività allo sportello Unico attività Produttive del comune.
L’attività può essere esercitata in non più di 4 stanze con un massimo di 12 posti letto. Qualora l’attività si svolga in più di una stanza devono essere garantiti non meno di 2 servizi igienici per unità abitativa
A seconda della Regione, questi limiti possono essere superati, arrivando anche a consentire l’utilizzo di abitazioni diverse dalla propria residenza o prevedendo classificazioni (simili a quelle previste per le strutture ricettive professionali) in base ai servizi/strutture offerti.
Regole diverse infine vi sono anche per le caratteristiche delle camere, l’offerta della prima colazione e le sanzioni previste. Di norma, viene chiesta anche la residenza (o il domicilio durante il periodo di apertura) presso la struttura del titolare.
Per la certificazione dei proventi dell’attività è sufficiente  un bollettario madre-figlia per quietanzare l’incasso dei singoli corrispettivi.
Al fine di gestire un controllo fiscale  è necessario  conservare la documentazione concernente le spese effettuate, come fatture, scontrini, bollette e ogni altro documento funzionale allo scopo.
Ai fini fiscali  i proventi così realizzati sono considerati , come redditi diversi, derivanti da attività commerciale non esercitata abitualmente.
Qualora l’attività venga svolta in modo sistematico e con carattere di stabilità, evidenziando una certa organizzazione di mezzi, essa si qualifica in termini di abitualità e professionalità. In tal caso, essa rientra nel campo di applicazione dell’Iva. In tal caso l’alternativa al B&B è l’Affittacamere.
L’attività di affittacamere è la struttura ricettiva imprenditoriale che più si avvicina ai bed and breakfast, senza averne le limitazioni. 
L’attività può inoltre essere svolta per tutto l’anno e  le caratteristiche delle stanze e dei servizi offerti sono in genere le stesse richieste per i bed and breakfast.
Trattandosi di un’attività d’impresa, è ovviamente richiesta l’iscrizione al registro delle imprese con tutti i conseguenti adempimenti fiscali e previdenziali.


venerdì 29 marzo 2013

ASPI - ASSICURAZIONE SOCIALE PER L'IMPIEGO

Dal primo gennaio   2013 è entrato in vigore un nuovo istituto denominato ASPI – assicurazione sociale per l’impiego.  Il nuovo istituto si pone a tutela del reddito del lavoratore dipendente nel caso di disoccupazione involontaria. L’ASPI andrà a sostituirsi a tre istituti previgenti: l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola, l’indennità di disoccupazione speciale edile, l’indennità di mobilità. Viene introdotta anche la mini-ASPI che rimpiazzerà l’istituto della disoccupazione con requisiti ridotti.
Nello specifico, possono accedere al godimento di tale assicurazione tutti i dipendenti del settore privato inclusi  gli apprendisti.  I requisiti per accedere al contributo sono:
- Perdita involontaria della propria occupazione;
– Possesso di almeno 2 anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione.

In riferimento alla durata si distingue tra:
- Lavoratori con meno di 55 anni, per i quali l’ASPI può essere erogata massimo per 12 mesi, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti;
– Lavoratori con almeno 55 anni  per i quali l’ASPI può essere erogata massimo per 18 mesi, e comunque non in misura superiore al numero delle settimane di lavoro eseguite nel biennio precedente, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti.                                               
L’indennità ASPI spetta a decorrere dall’ 8° giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, ovvero dal giorno successivo a quello in cui è stata presentata la domanda che, a pena di decadenza, deve essere presenta dal lavoratore all’INPS, esclusivamente per via telematica, entro due mesi dalla data di spettanza del trattamento.
Qualora il lavoratore, durante il periodo in cui è assicurato, trovi una nuova occupazione, l’indennità viene sospesa d’ufficio, riprendendo a decorrere al termine della sospensione per nuova occupazione, che non deve essere superiore ai sei mesi.
 Se invece la nuova occupazione si configura come lavoro autonomo con reddito inferiore al limite previsto per la perdita dello stato di disoccupato (€ 4.800), deve essere il lavoratore a darne comunicazione entro un mese all’INPS, dichiarando il reddito annuo che presume percepirà. In tal caso, sarà l’Istituto a ridurre l’indennità per un importo pari all’80% dei compensi previsti, rapportati al tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data di fine disoccupazione indennizzata.
Si decade dall’indennità ASPI nel momento in cui si realizza uno di questi eventi:
- Perdita dello stato di disoccupazione;
– Inizio di un’attività in forma autonoma senza che il lavoratore effettui la prevista comunicazione;
– Raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato
– Acquisizione del diritto a pensione o assegno  ordinario di invalidità, a meno che il lavoratore non opti per l’ASPI
In via sperimentale per il 2013/2014/2015, la riforma ha previsto che il lavoratore che ha diritto all’ASPI può chiedere che gli vengano liquidati gli importi delle mensilità non ancora percepite per poter intraprendere un’attività autonoma, avviare un’attività in forma di auto impresa o di micro impresa, oppure per associarsi in cooperativa.
In sostituzione della disoccupazione con requisiti ridotti, a decorrere dal 2013 viene introdotta la mini-Aspi per quei soggetti che non raggiungono il requisito delle 52 settimane contributive negli ultimi due anni.