
L'associazione
in partecipazione, data la vicinanza del modello partecipativo ad altri
contratti di lavoro , è stata usata spesso in modo anomalo e contrario rispetto
ai principi per i quali l'istituto è stato previsto. Per l’imprenditore spesso questa tipologia di
contratto ha rappresentato un ottimo strumento per ottenere manodopera a buon
prezzo, senza una retribuzione minima e senza alcuna tutela come è prevista per
i lavoratori dipendenti, inoltre la scelta è stata favorita da un trattamento
previdenziale e fiscale più tenue rispetto al lavoro subordinato.
Con
il contratto di Associazione in
partecipazione si realizza una collaborazione tra due o più persone per il
conseguimento di un risultato comune, l'apporto
ha quindi carattere strumentale per lo svolgimento dell'attività dalla quale il risultato ricercato ha origine.
Il
contratto di associazione in partecipazione prevede che l'associante
attribuisca all'associato, una quota
degli utili dell'impresa, o di uno o più affari, in cambio di un determinato apporto.
L'apporto
dell'associato può essere di qualunque natura ma, condizione necessaria, è che
esso abbia carattere strumentale per l'esercizio dell'impresa o dell'affare.
Il
contenuto dell'apporto può, pertanto, consistere in una somma di denaro, nel
conferimento in proprietà o in godimento di beni mobili o immobili, in una prestazione lavorativa, in una causa mista di lavoro e capitale.
Le Novità 2012
Le
legge di riforma del mercato del lavoro è intervenuta sul fenomeno dei
contratti di Associazione in Partecipazione, con apporto di solo lavoro e di capitale e lavoro
ponendo alcuni limiti di natura restrittiva alla sua applicazione.
La
Riforma Fornero ha imposto un limite di
massimo 3 unità occupati nella stessa attività, a prescindere
dal numero degli associanti. Unica eccezione a tale restrizione è il vincolo di
parentela che lega gli associati all’associante, entro il terzo grado o di
affinità entro il secondo. Se l’associante dovesse stipulare un quarto
contratto, tutti i rapporti (non solo il quarto) verranno trasformati in
contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Inoltre sono introdotte tre presunzioni di sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato
a tempo indeterminato nel caso di :
1)
assenza
di effettiva partecipazione dell’associato agli utili o affare dell’impresa;
2)
mancanza
“competenze teoriche di grado elevato”
ovvero “capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti
esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività.
3)
mancata
consegna del rendiconto previsto dall’art.2552 c.c.
Il chiaro intento della riforma del contratto si associazione in partecipazione è quello antielusivo:
“I rapporti di associazione in
partecipazione con apporto di lavoro instaurati o attuati senza che vi sia
stata un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o
dell’affare, ovvero senza consegna del rendiconto previsto dall’articolo 2552
del codice civile, si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro
subordinato a tempo indeterminato.”
Questo significa che i rapporti di
associazione in partecipazione con
apporto di lavoro si presumono
costituire rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, salvo prova
contraria
Al verificarsi delle presunzioni, la conversione del
rapporto da associativo a dipendente potrà avvenire sia in
occasione di verifica da parte degli
enti preposti, sia su iniziativa
dello stesso lavoratore nei confronti dell'associante.
Le
modifiche introdotte dalla legge di riforma sono entrate in vigore dal 18.7.2012, con immediata applicazione sia ai
contratti stipulati ex novo da detta data , sia a quelli già in essere ,fatta
eccezione per quelli che ,essendo stati certificati , possono proseguire
facendo riferimento alla normativa previgente sino alla cessazione.
Infine da un punto di vista previdenziale i contributi
della gestione separata Inps subiranno un forte aumento delle aliquote che
passeranno dall’attuale 26,72% ordinario
al 33% (nel 2018) e per i soggetti iscritti ad altre forme assicurative sarà
incrementato dall’attuale del 18% al 24% (nel 2018). Il 55% del contributo è posto a carico
dell'associante mentre il 45% è a carico dell'associato.